Barry White
(1944, Galveston,Texas – 2003,West Hollywood, California)
Diciamo che “il tricheco dell’amore” non è esattamente il soprannome che uno sogna di ottenere da grande quando è ragazzino (soprattutto se è il tipo di ragazzino che a 17 anni lo arrestano per furto di Cadillac). Ma poi molti presero a chiamarlo più nobilmente “il maestro”. Fu unico e inimitabile, fece del suo vocione un’icona, riempie le piste delle discoteche immancabilmente ancora oggi, funziona sulle passerelle della moda, e intorta le ragazze se avete preparato una seratina.
I’m gonna love you just a little more, baby
(I’ve got so much to give, 1973)
Pare che lui non fosse tanto convinto di cantarla, prima: buffo che la lunga introduzione sembri riflettere nel suo mugugnare questa esitazione, fino a che a un certo punto dice “vabbè, la canto, andiamo” (in realtà parla di tutt’altro, naturalmente).
You’re the first, the last, my everything(Can’t get enough, 1974)
L’ingresso vero della canzone arriva dopo che lui ha borbottato per cinquanta secondi, ma quando arriva si alza dai divanetti anche mia nonna. Il giorno che Barry White decise di cantarla, erano 21 anni che l’autore cercava di piazzarla a qualcuno. E pensa un po’.
Can’t get enough of your love, babe(Can’t get enough, 1974)
Stesso trucco, trentacinque secondi di borbottio e poi quel ritmetto latino massacrante (lo stesso della cover di “Hey Joe” fatta da Willy DeVille) che agisce direttamente sulle rotule.
Fonte Il Post
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