Il termine "psicologia" deriva dal greco psyché (ψυχή) = spirito, anima e da logos (λόγος) = discorso, studio. Letteralmente la psicologia è quindi lo studio dello spirito o dell'anima. Il significato del termine, introdotto durante il XVI, rimase immutato fino al XVII secolo, quando assunse il significato di "scienza della mente". Negli ultimi cento anni il significato del termine è cambiato ulteriormente adeguandosi alle nuove prospettive e alla moderna metodologia. È interessante segnalare che iconograficamente psyché (ψυχή) può essere interpretato come farfalla: molte decorazioni di antichi vasi greci raffigurano con l'immagine di una farfalla lo spirito (anima) che esala nell'istante della morte.
Il termine "psicologia", nella forma latina psychologia fu probabilmente introdotto nel 1520, anche se nei suoi scritti non compare, dall'umanista Filippo Melantone. Il termine appare (nella forma greca psychologia) nelle opere dei suoi discepoli Rodolfo Goclenio (Psychologia, hoc est de hominis perfectione, 1597) e Othone Casmanno (Psychologia anthropologica; siue animae humanae doctrina - Psicologia antropologica, o la conoscenza dell'anima umana, Hanau, 1594). Recenti ricerche hanno però individuato un uso del termine nell'umanista dalmata Marcus Marulus (Psychologia de ratione animae humanae, 1511-1518, sebbene non sia chiaro il significato della parola usata in quel tempo.
Il termine "psicologia" divenne popolare nel Settecento, grazie al tedesco Christian Wolff, che lo utilizzò nel titolo di due sue opere: Psychologia empirica (1732) e Psychologia rationalis (1734). Con queste opere Wolff fece distinzione tra psicologia empirica e psicologia filosofica: la prima cercava di individuare dei princìpi che potessero spiegare il comportamento dell'anima umana, la seconda indagava sulle facoltà dell'anima stessa. Successivamente, Kant criticò questa distinzione, affermando che non poteva esistere una psicologia razionale. Tuttavia Kant accettò la validità della psicologia empirica, anche se non la considerava scienza esatta per il fatto che, mancando la forma a priori dello spazio, era impossibile applicare la matematica ai fenomeni psichici. Con Kant si posero le basi di una psicologia non più puramente filosofica, ma costruita con criteri empirici.
Come accennato, già alcuni filosofi greci, come Platone e Aristotele, posero interrogativi che ancor oggi sono alla base della ricerca psicologica, ma è solo a partire dal Seicento che iniziò un confronto più serrato su questi argomenti. Furono sempre filosofi, come Cartesio, Thomas Hobbes e John Locke, a portare avanti riflessioni e a proporre teorie sulla mente umana. Cartesio, in particolare, sosteneva l'esistenza di una netta divisione fra mente (res cogitans) e corpo (res extensa), ritenendo che alcune idee fossero innate (cioè presenti nella mente fin dalla nascita). Hobbes e Locke, al contrario, affermavano il predominio dell'esperienza, vista come l'unico processo in grado di sviluppare e organizzare la mente umana, oltre a criticare la divisione di mente e corpo proposta da Cartesio. Nonostante i numerosi sforzi, queste ricerche non diedero mai vita a una psicologia intesa come materia scientifica.
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